giovedì 25 agosto 2011

gruppi "unici": 2) SOUL COUGHING

Tre soli album tra il 1995 e il 1998 per i Soul Coughing, un grande gruppo newyorkese che mi é sempre piaciuto moltissimo e a cui devo anche un ricordo particolarmente caro: il concerto visto al Rolling Stone di Milano insieme - tra gli altri - a quella che sarebbe diventata mia moglie (e poi la mia ex-moglie, ma non é colpa loro).
Il primo album in particolare, "Ruby Vroom", fu un esordio fulminante come pochi: allo stesso livello in quel periodo mi sento di mettere solo "Vivadixie ecc. ecc." di Mark Linkous a.k.a. Sparklehorse e "Beautiful Freak" degli Eels. E fu un album unico nel panorama di quegli anni: un mix di indie rock, jazz, hip-hop, drum'n'bass e chissà cos'altro ancora. Mike "M." Doughty cantava e declamava i suoi testi, tra classica forma canzone, improvvisazione e poesia free form, su un tappeto sonoro fatto da una sezione ritmica scatenata (il contrabbasso di Sebastian Steinberg, il drumming nevrotico dell'israeliano Yuval Gabay e la sua stessa chitarra ritmica) e dai campionamenti imprevedibili e originalissimi di Mark De Gli Antoni: il risultato, spiazzante, é già tutto nella canzone di apertura "Is Chicago, Is Not Chicago". Da lì in poi, nemmeno un passo falso fino alla conclusiva "Janine", ballad sghemba registrata sopra un messaggio vocale della ex di Mike. Sarebbe inutile citare i titoli migliori perchè non riuscirei a selezionarne alcuno che si elevi sopra gli altri, in un album perfetto come questo; ma dato che ho una pistola puntata alla tempia mi vedo obbligato a citare "Casiotone Nation" e "Mr. Bitterness". Uno dei cd che ho consumato nel lettore, in tempi in cui gli mp3 non esistevano e i dischi si ascoltavano dall'inizio alla fine con grande voracità.
Un passetto indietro per il successivo album, "Irresistible Bliss", una raccolta più "normale" di canzoni dalla struttura leggermente più canonica (si vedano "Soundtrack to Mary" e "Soft Serve", comunque magnifiche, per credere). O forse è solo che l'effetto sorpresa venne meno rispetto a due anni prima; si, perchè comunque qui c'è il capolavoro assoluto "Super Bon Bon", cavallo di battaglia dal vivo e di cui anche i Propellerheads fecero un gran bel remix.
Qualche canzone sparsa su colonne sonore (quella di "Smoke" la più ambiziosa) ed eccoci al terzo, difficile album: "El Oso", uscito a fine 1998. Che si apre con le dure "Rolling" e "Misinformed" per proseguire con la deliziosa chitarra scordata di "Circles", la loro maggiore hit radiofonica. In generale, un album teso e lontano dalle melodie del precedente, che vira dal jazz degli esordi verso il drum'n'bass, e che vede prepotente il ritorno dei caratteristici campionamenti di De Gli Antoni. Col senno di poi, forse l'album in cui i Soul Coughing hanno osato di più ("sentite "$300" e ditemi se avete mai sentito niente del genere alla radio), e che per questo è cresciuto meglio nel tempo. Allora fu solo, ahimè, il preludio alla fine del gruppo, dovuta forse a scontri sulla direzione da prendere, forse al mancato successo, probabilmente accelerata da divergenze sui diritti d'autore e dalla dipendenza dall'eroina del frontman.

Dopo lo scioglimento, avvenuto nel 2000, poco da segnalare. Mike Doughty ha avviato una carriera solista lontano dai riflettori, suonando spesso come one-man band con sola chitarra e voce, e presentando un repertorio che ha virato via via verso una sorta di folk-pop piuttosto anonimo. Mark De Gli Antoni e Sebastian Steinberg hanno suonato come sessionmen per vari artisti, tra cui David Byrne, mentre Yuval Gabay è rimasto vicino al d'n'b suonando per gente del calibro di Roni Size. Poca cosa, purtroppo, visto l'altissimo livello a cui ci avevano abituati. Non resta che consolarsi cercando in rete i numerosi brani dei Soul Coughing rimasti inediti, che continuano a dimostrarci che di gruppi così, al giorno d'oggi, non ne fanno più.

mercoledì 24 agosto 2011

parliamo di gruppi "unici": 1) MORPHINE

Spessissimo sentiamo il bisogno di mettere etichette alla musica che ci piace (non solo alla musica, naturalmente), a incasellarla in un genere o a compararla ad altra musica per avere dei punti di riferimento. Così, sentiamo dire che i primi Coldplay erano "stile Radiohead", che un sacco di gruppi inglesi nati dopo i Massive Attack fanno musica "trip hop" (Portishead? Ovviamente Tricky? i primi Morcheeba?), che Ligabue è lo "Springsteen italiano" (argh).
Ma per fortuna ci sono gruppi inetichettabili, unici, che fanno e soprattutto hanno fatto musica che non somigliava a nulla che fosse arrivato prima e che non sono stati imitati da nessun altro dopo. In particolare, mi vengono in mente tre nomi che ho amato moltissimo negli anni 90 e che continuo ad ascoltare ancora adesso con immutata ammirazione: parlo dei Morphine, dei Primus e dei Soul Coughing.


Uno dei grandi rimpianti della mia vita da appassionato di musica è non aver mai visto i Morphine suonare dal vivo. Dovevano essere grandiosi, live ancor più che su disco, almeno a giudicare dalle registrazioni disponibili: "Bootleg Detroit", l'unica ufficiale, e i molti concerti che si trovano scaricabili in rete o su youtube: dolci e furiosi, soul e rock, classici e sperimentali. tutto in un solo gruppo indefinibile a parole. Come si può infatti definire una musica fatta del basso a due corde (!) del leader Mark Sandman, della batteria jazzy di Billy Conway (e/o Jerome Duprée) e del sassofono (spesso DUE sassofoni suonati CONTEMPORANEAMENTE) di Dana Colley?
Niente chitarre, nè elettriche nè acustiche, niente melodie convenzionali, niente che abbiate già sentito prima: solo i Morphine, il loro suono unico, definito tra il '92 e il '99 da una manciata di album di altissimo livello, tra cui spicca "Cure for Pain" e di cui il solo "Like Swimming" vede abbassarsi leggermente la qualità del songwriting, come a cercare una nuova direzione sonora che ancora non appariva chiara. Nell'ultimo "The Night", uscito nel 2000, nuove strade apparivano all'orizzonte ma era ormai troppo tardi: Mark Sandman ci aveva già lasciato tragicamente, morendo d'infarto alla fine del concerto di Palestrina, vicino a Roma. Ecco perchè il mio rimpianto è incolmabile, da vivo non li vedrò più: ma non posso fare a meno di tornare periodicamente a vedere come avrebbe potuto essere.

Ps. Segnalo un ottimo box dedicato a Sandman e uscito dopo la sua morte, contenente varie tracce audio e video dei mille progetti paralleli di Mark, che dimostrano quanto la sua mente fosse prolifica e vulcanica. Da non perdere anche il suo gruppo precedente ai Morphine, i Treat Her Right (in cui militò anche Conway), autori di un rock-blues più "canonico" ma molto interessante. Un film sulla storia di Mark Sandman dal titolo "Cure for pain" sta per uscire nelle sale americane (il trailer qui), a testimoniare, speriamo, il ritrovato interesse per la sua musica e la sua storia. C'è anche una fondazione no profit a lui intitolata  ("The M.S. Music Project") che si preoccupa di dare ai bambini un'educazione musicale mettendo a disposizione corsi e sale di registrazione.
Quanto a Colley e Conway, i due hanno proseguito insieme dopo la scomparsa del loro leader: prima rendendogli omaggio con la Orchestra Morphine, poi con il nuovo gruppo Twinemen che merita senz'altro un ascolto attento.


"I got a head with wings
And I can see so far away, I can see so clear
You would not believe the view up here
I got a head with wings"

giovedì 11 agosto 2011

new mutant


mi ricrederò su Tintin?

In attesa del film di animazione di Steven Spielberg "Le avventure di Tintin: il segreto del liocorno", in uscita in autunno, Rizzoli Lizard sta riproponendo in libreria e fumetteria tutta la serie del personaggio di Hergé in una nuova edizione cartonata "definitiva" (ultimamente si dice così, almeno fino all'edizione successiva che quasi certamente avrà una "nuova traduzione", come questa - e  per la gioia del traduttore dell'edizione precedente spesso additato come un demente semianalfabeta).
Quattro volumi già usciti a fine giugno scorso, e gli altri quattro in uscita in ottobre, per ristampare tutta la serie, inclusi il primissimo libro "Tintin nel paese dei Soviet" del 1929, quasi una versione "demo" della famosa ligne claire che diventerà marchio di fabbrica di Hergé e di buona parte del fumetto franco-belga, e l'ultimo incompiuto "Tintin e l'Alph-Art" del 1983. Ventiquattro storie in tutto che hanno fatto la storia del fumetto, a un buon prezzo: 14,90 eurini per otto, i conti fateli voi che a quest'ora non ce la faccio.

Ora, se posso dirlo, a me Tintin è sempre stato cordialmente sulle balle. Mi è sempre parso il classico personaggio saputello che la sa troppo lunga per i miei gusti, e che non manca di fartelo notare appena può. Un po' come Topolino o Superman, via: famosi e rispettati, ma trovatemene uno che non preferisce loro Paperino o l'Uomo Ragno, imperfetti e un po' sfigati come noi. E anche Hergé, con quelle ombre di collaborazionismo coi nazisti durante la guerra, non mi ha mai ispirato granché.
Ma, come spesso mi capita, so di avere dei pregiudizi e di aver spesso sparato critiche senza conoscere bene l'argomento (dai, ammettiamo che a volte è bello farlo!). Ho quindi intenzione di approfittare dell'occasione che mi offre Rizzoli Lizard e di rimediare alla mia ignoranza. Il primo volume è sul mio comodino, vi saprò dire se mi farà cambiare idea.