sabato 21 aprile 2012

In occasione del Record Store Day: amarcord 1/Milano

Approfitto dell'occasione del Record Store Day che si celebra oggi per cominciare a fare due chiacchiere sui negozio di dischi in cui ho passato "qualche ora" della mia vita, spiluccando tra i cd o i vinili, tra gli album e i singoli, in cerca tanto della novità quanto della chicca, della rarità introvabile e "d'importazione"... Tutti termini sconosciuti alle generazioni d'oggi, che la musica la trovano in rete senza sforzo e spesso senza pagare un euro.
Voglio iniziare con un amarcord sui negozi milanesi in cui ho trascorso i miei anni belli: quelli della nascita della passione per la musica, dell'esplorazione di questo nuovo mondo. Quando, studente squattrinato, dovevo decidere per quale disco spendere i pochi soldi disponibili e a quali invece rinunciare, quando cercavo la canzone sentita alla radio, di notte, e ne parlavo poi con gli amici la sera scambiando opinioni e suggerimenti.

I primi negozi in cui ho passato ore a cercare vinili (sembra un'altra era geologica, ma davvero quando ero al liceo i cd non erano ancora in commercio...) sono Rasputin, in piazza Cinque Giornate, e Mariposa in piazza Medaglie d'Oro (quest'ultimo aveva una sede anche in Duomo, nella galleria sotterranea della metro: onestamente sono secoli che non passo di lì e non so se ci sia ancora). Il primo, immortalato anche da una mitica scena nel primo film di Antonio Albanese, purtroppo non esiste più, sostituito da uno dei millemila Benetton della città: ricordo le pareti zeppe di vinili, e io che cercavo la costina delle mie prime scoperte discografiche. Quella in cui mi fiondavo direttamente era la parete in fondo a sinistra: ricordo distintamente di averci trovato praticamente l'opera omnia di Lou Reed. I cd, allora merce rara e "di nicchia", erano disposti per lo più al bancone all'ingresso, dove rimasero le novità anche quando il vinile poco a poco scomparve e le pareti si riempirono di cd.
Mariposa era più commerciale, ma teneva molti singoli in formato 12": completai lì la raccolta di "maxisingle" di Prince, zeppi di B-sides stratosferiche, epoca Purple Rain-Sign of the Times.
I Navigli erano l'altra miniera d'oro: il Discomane aveva l'ira di dio di usato, in cd e in vinile, e in sottofondo si poteva ascoltare musica per lo più Seventies e southern rock (d'altronde bastava guardare in faccia i - non simpaticissimi - gestori per non avere sorprese). Il Discomane c'è ancora, sempre con un'aria da scantinato maleodorante e con lo stesso strato di polvere che ricopre tutto, i suoi dischi tenuti maluccio, ma può riservare belle sorprese se si ha la pazienza di cercare. I singoli dei Cramps, tra le altre cose, li ho comprati tutti lì. Poi, naturalmente c'era il Libraccio, nella sua sede storica, c'é ancora e si è ampliato e moltiplicato, che dio l'abbia in gloria.

Ai tempi dell'università aumentò il consumo di musica e scoprii nuove frontiere musicali: i negozi per così dire "mainstream" non mi bastavano più. Il classico giro dell'epoca (noleggio cd di via Soncino a parte) era: da Supporti Fonografici in Porta Ticinese a dare un'occhiata alle novità indie, poi da Psycho a comprare a un prezzo decisamente più abbordabile. Quelli di Psycho avevano l'indubbio vantaggio della simpatia e una discreta offerta di usato; Carlo Villa e i soci di Supporti non brillavano per affabilità ma avevano dalla loro un catalogo decisamente più amplio, soprattutto di chicche d'importazione in anni in cui, ripeto, l'accessibilità woldwide di internet era di là da venire. Psycho si é trasferito da anni dalla sede storica di Molino delle Armi e ora vedo che é in via Zamenhof, dove non sono mai stato ma da dove mi dicono che continua a combattere la battaglia per la buona musica; Supporti ha chiuso i battenti da tempo dopo anni di agonia (ricordo ancora la tristezza che mi prese l'ultima volta che ci entrai, com'era cambiato!) e tentativi mal riusciti di trasformarsi in negozio online, loro che tra i primi avevano iniziato a vendere per posta titoli import. Poi c'era (e c'è) Buscemi: ogni tanto ci andavo quando facevo il pendolare passando da Cadorna, più per comodità che per effettivo piacere. Mai più messo piede da allora: ci sono passato davanti da poco ma non mi ha ispirato l'entrata... Chissà invece se resiste Metropolis, altro paradiso dell'usato, in via Padova dove andavo apposta il sabato mattina lasciando spesso la macchina parcheggiata in qualche modo e rischiando di lasciare in multe quello che risparmiavo comprando usato anzichè nuovo...

Ormai, lo ammetto, compro la gran parte dei cd su internet: tra play.com, amazon.it e affini, la spedizione di una novità dall'Australia costa meno che non andare a comprare in un grande magazzino del centro, anche se non ho mai smesso di bazzicare per negozi come una volta. Quando rientro a Milano un giro alla Fnac di via Torino lo faccio sempre, perché bisogna ammettere che é ben fornita, ha prezzi discreti e spesso ottime offerte. Evitare come la peste invece, Mondadori e sopratutto Ricordi/Feltrinelli. Resta il Libraccio, sempre ottimo per l'usato (soprattutto nel negozio di Vittorio Veneto ma anche in quello di via Arconati, sotto casa dei miei). Sabato scorso ero dalle parti di Porta Genova e sono tornato dopo anni da Rossetti, in via Cesare da Sesto, e davvero sembrava di essere tornati nel 1995: Aaron e suo padre Maurizio sempre a discutere dentro il banco con le loro voci inconfondibili, lo stesso spazio angusto, i libretti dei cd disposti con lo stesso identico criterio di allora: mi sono persino ritrovato a comprare "Sempre più vicini" dei Casino Royale e un album dei Ride, che non ascoltavo da allora. Un salto nel tempo, e il piacere di sempre nel "perdere tempo" a spulciare tra gli scaffali, toccare e sbirciare le note e i credits, ritrovarsi le dita impolverate e il naso che cola per l'allergia, e uscire col sorriso tra le labbra sfogliando il libretto dell'ultimo, preziosissimo acquisto.
Poveri ragazzi d'oggi, é un piacere che nell'epoca del download forse non proveranno mai, e non sanno cosa si sono persi.
Evviva i dischi e chi li vende!

domenica 1 aprile 2012

Lee is free


La Notizia Incredibile di fine 2011 é stata la fine del matrimonio tra Thurston Moore e Kim Gordon: una di quelle cose a cui non si riuscirebbe mai a credere, un po' come il Berlusca in galera, l'aria di Milano senza smog o l'Inter che fa triplete.
E invece.
Che a quella separazione segua anche lo scioglimento dei Sonic Youth ancora non é sicuro, ma ovviamente altamente probabile. Vedremo. Nel frattempo iniziano a vedersi i primi germi dell'attività solistica dei vari membri del gruppo, e finora é un bel sentire: di "Demolished Thought" di Moore (prodotto da Beck) ho accennato infilandolo nella mia top10 del 2011, ora a stupire é il primo vero album di canzoni di Lee Ranaldo, intitolato "Between the Times and the Tides" e appena uscito per i tipi della Matador Records.
Non stupisce che sia un ottimo album, naturalmente. Ed ottimo lo è davvero. Stupisce perchè da uno come Ranaldo, tutto feedback e distorsioni, non ci si aspetterebbe un disco tutto sommato pop come questo (si ascoltino il primo singolo "Off the Wall" e il secondo estratto "Angles", esemplari in tal senso), a tratti remmiano, a tratti beatlesiano, a tratti wilchiano (e Nels Cline dei Wilco ci suona la chitarra, per l'appunto). Un paio di canzoni sono addirittura solo voce e chitarra acustica, e a sentire l'autore questo avrebbe dovuto essere il taglio dell'intero album nelle sue prime intenzioni, prima che intervenissero i suggerimenti degli amici (Bob Bert e Jim O'Rourke tra gli altri) a cambiarne gli arrangiamenti. Ci sono anche sprazzi più classici nella loro "ranaldità", naturalmente ("Xtina as I knew her", forse la mia preferita), e a questo punto sono curioso di vedere la band di Ranaldo (con Steve Shelley alla batteria) suonare al prossimo Primavera Sound.

Sulla scia dell'entusiasmo per l'album solista sono andato a ripescarmi il lavoro di Ranaldo con i Sonic Youth. Nella mia personalissima considerazione Lee sta(va?) ai SY un po' come George Harrison stava ai Beatles, almeno dal punto di vista compositivo e canoro: una o due canzoni per album, oscurato dalla maggiore visibilità della coppia d'oro dell'indie rock Moore/Gordon ma non per questo meno importante nell'economia del gruppo.
Le sue sono sempre state fior di canzoni, rese intriganti e oscure dal suo particolare timbro vocale, e dal suo stile spesso vicino allo spoken word. Ascoltare "Hoarfrost" e "Wish Fulfillment", due tra le mie canzoni preferite in assoluto, per credere.
Per dare un'idea, questo sarebbe l'album composto solo da canzoni del "giovane sonico tranquillo". Un doppio, forse triplo immaginario cd che richiede impegno nell'ascolto, lasciando alla fine le nostre orecchie stremate ma straordinariamente appagate.

- Mote (da "Goo")
- Wish Fulfillment (da "Dirty")
- Eric's Trip (da "Daydream Nation")
- Saucer-like (da "Washing Machine")
- Hoarfrost (da "A Thousand Leaves")
- Hey Joni (da "Daydream Nation")
- Rats (da "Rather Ripped")
- Pipeline/Kill Time (da "Sister")
- Karen Koltrane (da "A Thousand Leaves")
- Paper Cup Exit (da "Sonic Nurse")
- Walking Blue (da "The Eternal")
- Skip Tracer (da "Washing Machine")
- Rain King (da "Daydream Nation")
- In the Kingdom #19 (da "EVOL")
NYC Ghosts & Flowers (da "NYC Ghosts and Flowers")
- What We Know (da "The Eternal")
- Genetic (outtake da "Dirty")
- Karen Revisited (da "Murray St.")
- Wish Fulfillment (versione demo, da "Dirty" deluxe edition)

"Between the Times and the Tides" si può ascoltare interamente in streaming qui.