mercoledì 7 novembre 2012

Mavis Staples: good vibrations


Mavis Staples è un monumento della musica nera americana. Prima come parte degli Staple Singers in compagnia del padre Pops e di fratello e sorelle e poi come solista, Mavis é stato uno dei simboli del gospel, del soul, del r'n'b statunitense nel corso degli ultimi sessant'anni, magari non acclamata e universalmente nota come altre Grandi Voci (Aretha Franklin su tutte) ma sicuramente di grande importanza dal punto di vista musicale oltre che protagonista di primo piano nelle lotte per i diritti dei neri americani (gli Staples Singers cantavano prima dei comizi di Martin Luther King, o"Dr. King", come lo chiama lei).
Nel corso degli anni spesso Mavis ha collaborato con personaggi di rilievo della musica nera (Booker T. & the MGs, Curtis Mayfield, Ray Charles) ed é stata corteggiata dai grandi della musica "altra": Dylan, The Band, Los Lobos, Dr. John tra le sue collaborazioni. Io la conobbi a fine anni Ottanta, quando nel pieno del mio periodo Paisley Park, comprai un suo vinile prodotto da Prince dopo la sua partecipazione all'orrendo "Graffiti Bridge". Non chiedetemi come fosse quel disco, secondo Allmusic non così male: non ricordo granché, l'unica cosa che all'epoca mi interessava era che ci fosse di mezzo il Principe di Minneapolis, ma una cosa certamente mi rimase impressa ed era la straordinaria voce della Staples.
Roca, grave, con slanci tangibili di passione e pura gioia, quella stessa voce ha sedotto altri grandi nomi del rock più o meno indipendente: tornata alla ribalta (si fa per dire) con "Have a Little Faith" nel 2004, è stata in seguito messa sotto contratto niente di meno che dall'etichetta Anti- con cui ha sfornato tre album splendidi. Ad inaugurare il filotto l'ottimo "We'll Never Turn Back" prodotto da Ry Cooder: un perfetto mix di tradizione e modernità ribadito dall'album "Live: Hope at the Hideout" registrato a Chicago nella successiva tournée. Con Mavis ormai più che settantenne, a fine 2010 è arrivato infine l'acclamato "You Are Not Alone" prodotto da Jeff Tweedy che per l'occasione ha composto la title track e vincitore del Grammy nella categoria "best Americana album". A detta della stessa Staples la collaborazione con il leader dei Wilco, profondo conoscitore della musica degli Staple Singers, continuerà con l'imminente registrazione di un nuovo album che uscirà nel 2013: si sa, di questi tempi tira più il nome di Tweedy che un carro di buoi.
Domenica sera Mavis Staples ha suonato a Barcellona alla [2] de Apolo nell'ambito del Festival Jazz, ed è stata una gran serata. Supportata dalla stessa band chitarra-basso-batteria-cori con cui ha registrato gli ultimi album, capace di dare senza troppi fronzoli la giusta caratterizzazione sonora tra rock, blues, soul e gospel alla potenza vocale della cantante americana, Mavis ha stupito per il suo repertorio, per la sua voce e per la sua simpatia. "We come this evening to bring you some joy, some inspiration and some good vibrations" sono state le sante parole con cui si è aperto il concerto, e mai frase si è rivelata più esatta: io e la piccola folla accorsa ci siamo trovati via via ad una messa gospel ad Harlem, a raccogliere cotone nei campi del profondo Sud o a una marcia per i diritti civili, e tra nuove canzoni e grandi classici abbiamo vissuto momenti di pura commozione e altri di allegria per la contagiosa simpatia della cantante, capace di stabilire un contatto col pubblico (anche fisico, con molte strette di mano) che raramente mi è capitato di vedere in simili situazioni.
Ho avuto la fortuna di conoscere una persona la cui vita da più di 60 anni è pervasa dalla musica, e che attraverso la musica esprime tutto quello che la vita rappresenta. Un salto indietro nel tempo, alle radici della cultura afroamericana e della musica da cui tutto ha avuto origine, e un impagabile contatto con la speranza e la passione per la vita. Mica poco per un "semplice" concerto. Tweedy o non Tweedy, lunga vita a Mavis Staples.

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